Last Days of Summer

Last Days of Summer
foto di Marìka Poulain

domenica 23 marzo 2014

Io scrivevo sempre in treno


-Testo di Rumigal
-Foto di Marìka Moretti



"I viaggi sono fatti per pensare. Forse è per questo che scrivevi sempre in treno." fa una ragazza qualche sedile più in la. Il treno sta per partire. Sul binario accanto al nostro c'è un grossa sacco dell'immondizia bucato.
La fotografia di questa scena è grigia, dona un'aria immobile al tutto, nonostante sia una stazione.
Appoggiato allo schienale, guardi con fare indifferente fuori dal finestrino. Il treno dovrebbe partire a breve, almeno credo.
E mi porterà a lavoro.
In quel cazzo di negozio di scarpe. Santo dio, ma perché ho accettato?
400 euro al mese per fare un lavoro di merda, di cui 100 se ne vanno per un abbonamento che mi permetta di prendere pessimi mezzi di trasporto. E poi devi mangiare. E devi bere. Che neanche ti bastano. Ah si, vero, almeno faccio curriculum. Per ottenere altri lavori di merda quando avrò perso questo, dove forse mi pagheranno un po di più. O più probabilmente di meno.
"Ricordo che quando viaggiavo scrivevo sempre. Poi ho smesso di viaggiare e ho iniziato a scrivere in altri modi. Il fatto è questo. Adottare il giusto punto di vista sulle cose. Se lo scopo è scrivere, puoi scrivere ovunque. Le cose sono sempre più semplici di quanto non le facciano apparire gli altri", fa la voce di un ragazzo.
Ma facile di cosa? Niente è mai facile a questo mondo. E la cosa tremenda è che si finisce per impegnarsi in cose di cui non ti frega nulla perché devi mangiare. La vita non è un romanzo in cui i personaggi non mangiano e non cagano mai e se lo fanno c'è un significato propedeutico all'avanzamento della trama o allegorico. No. Qui mangi per vivere cosi come quando caghi, senza che niente sia davvero importante. Quindi no, non è facile per niente.
"Si che lo è." fa il ragazzo alzandosi e venendo verso di me.
"Tranquillo.", mi fa, "non spaventarti. So che ti sembra strano, ma la verità è che il tono con cui hai detto le ultime cose è fin troppo esasperato. E sai perché?"
Lo guardo senza capire se è solo pazzo o cosa.
"Dai, dovresti averlo capito. Tu sei solo un personaggio nella mia testa. Come ogni cosa che vedi qui."
Si siede davanti a me. Ha un maglioncino grigio, semplice.
Sul finestrino c'è un insetto. C'era anche prima ma non lo avevo notato. Continua ad arrampicarsi per tutta la sua altezza. E quando arriva in cima, cade.
E' ovvio.
"Vuole uscire."
Continua a salire e sbattere sul vetro e ne percepisco tutta la brama di libertà.
"E' solo un insetto però. Si può parlare di brama? E' qualcosa che ha a che fare con la volontà dopotutto. E noi non siamo abituati a pensare alla volontà degli insetti. Che poi in fondo si tratta più di istinto che volontà in questo caso.
E quello stupido, minuscolo insetto continuerà a sbattere contro il vetro, fino a morire. Invece, te oltre all'istinto hai anche il dono della volontà, la stessa volontà che ha permesso all'umanità di plasmare un mondo intero a propria immagine e somiglianza."
Ma hai detto che sono uno dei tuoi personaggi. Quindi qui in realtà si sta parlando di te.
"Certo che si. In realtà io sto guardando questo stesso insetto su un altro treno, un treno vero. E ho intenzione di prenderlo e farlo uscire dal treno. L'altro. Quello vero."
E cosa vuoi da me?
"Niente. Solo dare importanza ad un piccolo insetto su un treno."

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